La Divina Commedia – Inferno

Quattro grandi tavole in bianco e nero, in inchiostro di china, dedicate alla prima cantica. Create per il settimo centenario della nascita di Dante Alighieri e oggi protagoniste di una mostra dal titolo RINO FERRARI / INFERI grazie all’Ateneo di Scienze Lettere e Arti di Bergamo e alla Fondazione Credito Bergamasco. Esposte a Parigi, Milano, Bergamo, Madrid; sono state definite un omaggio alla visione dantesca, una rappresentazione fra le più rispondenti e, nello stesso tempo, originale. “Le quattro tavole tracciano una topografia della provincia dei morti” secondo la definizione di Waldemar George, importante critico d’arte che ha presentato l’opera alla mostra di Parigi nel 1967. “L’immenso paese delle ombre − prosegue Waldemar George − è un universo fatto di montagne rocciose, di grotte, di caverne, d’alberi calcificati, di fiumi di ghiaccio e di torrenti di fuoco… L’Inferno è il dominio dei mostri… Ferrari mette in scena un bestiario chimerico dove giganti e orchi si accostano a vampiri, uccelli rock e demoni. Lucifero maciulla nelle sue tre bocche Bruto, Cassio e Giuda. Dante e Virgilio cavalcano un leone dalla faccia umana e il corpo di rettile… L’artista introduce la nozione di tempo nelle sue pagine che si leggono come si ascolta un brano musicale. Le sue immagini non sono che miraggi”. Secondo Mario Lepore “Ferrari, dal canto suo, credo abbia semplicemente ragionato così: questa poesia mi suggerisce una visione, mi mette in uno stato d’animo particolare, io sono pittore e voglio esprimere ciò che mi fa vedere e sentire con i miei mezzi d’arte. Sarà un omaggio, piccolo o grande non importa, a questo Poeta che mi commuove, che mi esalta, che amo. Tutto sommato il punto di partenza migliore; e che di fronte al gran tema che si era scelto, l’ha posto in condizione di essergli fedele, ma al tempo stesso di essere libero. Ferrari d’altra parte ha mezzi per poter riuscire nel duplice intento… In queste tavole mi sembra abbia, proprio per le sue doti artistiche e di “mestiere”, potuto cogliere uno dei caratteri principali di Dante: la sua coralità”.

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