La Divina Commedia – Inferno

Quattro grandi tavole in bianco e nero, in inchiostro di china, dedicate alla prima cantica. Create per il settimo centenario della nascita di Dante Alighieri e oggi protagoniste di una mostra dal titolo RINO FERRARI / INFERI grazie all’Ateneo di Scienze Lettere e Arti di Bergamo e alla Fondazione Credito Bergamasco. Esposte a Parigi, Milano, Bergamo, Madrid; sono state definite un omaggio alla visione dantesca, una rappresentazione fra le più rispondenti e, nello stesso tempo, originale. “Le quattro tavole tracciano una topografia della provincia dei morti” secondo la definizione di Waldemar George, importante critico d’arte che ha presentato l’opera alla mostra di Parigi nel 1967. “L’immenso paese delle ombre − prosegue Waldemar George − è un universo fatto di montagne rocciose, di grotte, di caverne, d’alberi calcificati, di fiumi di ghiaccio e di torrenti di fuoco… L’Inferno è il dominio dei mostri…

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I Sette Peccati Capitali

Le opere, nate insieme alle tavole dell’Inferno, sviluppano temi intorno all’uomo, le sue cadute ma anche la potenza del riscatto, il destino sulla terra e oltre, trattati con passione e fantasia, surrealismo e metafisica. Waldemar George: “Se nella serie I Vizi capitali il pittore cremonese è ricorso alla sintassi classica, egli si scosta dai principi e dagli imperativi dell’alto Rinascimento. Il suo anticlassicismo non può essere contestato. Suoi poli rispettivi d’attrazione sono l’arte metafisica (pittura metafisica) e il surrealismo.” Mario Lepore: “Qui direi che una antica simbologia viene ripresa in chiave individuale, con un gusto plastico ben preciso, e quel mestiere disegnativo e pittorico maturo che sono propri di Ferrari, per esserci rappresentata sia come creazione artistica sia come motivo di meditazione”.

Tra Surrealismo e Simbolismo

“Il pittore − afferma Mario Muner nel 1964 sulla rivista Motivi per la difesa della cultura − appartiene, senza alcun dubbio e senza alcuna alternanza, al filone schiettamente simbolista del quartiere surrealista della pittura contemporanea…le testimonianze del suo segno perspicace e quasi elettricamente spedito, anche se mai sbrigativo, del suo senso dei volumi che lievitano i colori e dei colori che creano intorno ai volumi magici risalti….con tali parole riteniamo di avere caratterizzato gli elementi fondamentali della personalità di Rino Ferrari… In altri termini con quelle parole gli riconoscevamo due doti, senza le quali pensiamo inconcepibile che ad un artista possano essere riconosciute ispirazione da una parte, validità di risultati, dall’altra: il senso del reale, l’aderenza allo spirito del tempo.”

L’Apocalisse di San Giovanni

Dopo aver realizzato ed esposto le quattro tavole raffiguranti l’Inferno dantesco, Ferrari si dedica allo studio e alla rappresentazione dell’Apocalisse di San Giovanni attraverso 21 tavole a tempera, che nel 1969 espone a Parigi.
Queste tavole non sono state viste come mere illustrazioni, ma piuttosto come trasposizione dei traumi attuali nell’atmosfera di tenebra e fuoco della Sacra Scrittura.
Mario Muner scrive nel 1970 sulla rivista Motivi per la difesa della cultura:”La simbologia biblica, pur tenuta presente con scrupolosa esattezza dal Pittore, è ridotta ai suoi elementi essenziali e, in quanto tale (com’è proprio di ogni ripresa d’un tema tradizionale da parte d’un vero artista), chiamata a concorrere all’originalità del dipinto. Aggiungeremmo (anche se ciò può sembrare paradossale) che, pur nella copiosità dei segni, ai quali pur si riducono, in quest’opera, i simboli biblici… la tavola (la prima raffigurante le teste dei quattro cavalli, ndr) mantiene una sua essenziale semplicità, che risponde alle esigenze del miglior Simbolismo”.

Soggetti religiosi

“Il destino terreno e ultraterreno dell’uomo, la caduta e il riscatto: sono questi i temi prediletti di Ferrari. Di qui l’incontro con le grandi opere della letteratura mistica e profetica, che di quei motivi hanno espresso al più alto grado l’universalità.” (Dal libro Rino Ferrari di Renzo Biasion).
“Le opere di Rino Ferrari splendono piene di luce, ricche di un equilibrio eccezionale, permeate da una esigenza religiosa, da una richiesta assillante di moralità…C’è in Ferrari l’ansia di chi vuole parlare agli altri, l’urgenza di stabilire dei punti fermi che sono quelli che provengono dallo spirito, dalla volontà del bene. Uomo in un mondo incerto ed inquieto, persuaso che l’arte è moralità, è ansia di vita, è ricerca della verità, Ferrari propone agli uomini un discorso costruttivo e altamente valido: il discorso della speranza e della fede.” (Mario Ghilardi)

Altri soggetti

Ritratti

È a Cinecittà nei prima anni Quaranta che Ferrari esegue molti, molti ritratti; ritratti soprattutto per i manifesti pubblicitari dei film; poi cambieranno i soggetti, ma mai l’abilità di cogliere l’essenza, sia per l’illustrazione di una prima pagina di giornale, sia nel ritratto dal vero, in cui l’essenza stessa si fonde al particolare in una magnifica esecuzione.

Cavalli

Hanno sempre affascinato Ferrari che ha dedicato loro scultore di grande pregio che sono state avvicinate dai critici a opere di maestri contemporanei quali, ad esempio, Messina.

Paesaggi

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